Riguardo alle crociate, per comprenderle, senza ricorrere all’ideologia e al qualunquismo, occorre soprattutto analizzare ciò che le precede, gli antefatti, senza i quali, appunto, è impossibile capire.
Dopo la nascita dell’Islam terre abitate dai cristiani, come le coste dell’Africa, la Spagna, la Sicilia, e numerose città appartenute all’Impero romano d’Oriente, vengono attaccate, saccheggiate, devastate dai musulmani, che ovunque uccidono, imprigionano e fanno schiavi.
Basta osservare un qualsiasi atlante storico, per rendersi conto della velocità fulminea con cui gli eredi di Maometto si impongono militarmente, là dove prima vivevano popolazioni cristiane o animiste.
In quegli anni il Mediterraneo diventa impraticabile, percorso come è dai pirati saraceni, al punto che un celebre storico come Henri Pirenne sostiene che è solo con l’espansione islamica che dobbiamo fare incominciare il Medioevo, perché essa fu, se possibile, più traumatica delle invasioni barbariche.
“I cristiani non possono far galleggiare sul mare neanche una tavola”, scriveva il grande storico arabo di Tunisi Ibn –Khaldun. In questi anni la Sicilia è oggetto di scorrerie e di razzie continue: la prima volta nel 652, poi nel 727, nel 728, nel 732, nel 752, nel 753…
Nell’846 si colloca il primo di due sacchi di Roma: 73 legni con trentamila guerrieri arrivano alle foci del Tevere, e saccheggiano la città, le chiese di san Pietro e di san Paolo. Anche le città italiane sul mare vengono periodicamente assalite, e i mori tornano in patria carichi di bottino e di schiavi.
La celebre rinascita dell’anno Mille, non sarebbe mai sorta se le Repubbliche marinare non avessero, come prima cosa, riconquistato il Mediterraneo, ripulendolo dai pirati e restituendolo alla navigazione ed al commercio. Ma ripercorrere le centinaia di incursioni islamiche in territorio italiano ed europeo in genere, sarebbe troppo lungo: rimando per questo all’opera del colonnello Rinaldo Panetta, intitolata significativamente “Pirati e corsari turchi e barbareschi nel mare nostrum”.
Basti allora soffermarsi un attimo sul Medio Oriente. Gerusalemme, città abitata da cristiani ed ebrei, viene presa dai musulmani nel 638. Da allora gli abitanti originari sono sottomessi a balzelli, umiliazioni, soprusi, di ogni genere. “Nel 938 la processione per la domenica delle Palme è attaccata con morti e feriti e il Sepolcro danneggiato da un incendio; nella Pentecoste del 966 il governatore eccita la popolazione musulmana contro il patriarca (ucciso e bruciato) mentre il Sepolcro è saccheggiato e incendiato; sotto il califfo al-Hakim (996-1021) vi è una lunga persecuzione anticristiana e antiebraica, culminata con la distruzione del Sepolcro il 28 settembre 1009 e la riduzione in povertà estrema dei cristiani che impiegano 40 anni a restaurarlo”1.
Intanto i bizantini vengono sconfitti dai turchi a Manzikert nel 1071: il loro esercito viene sbaragliato e l’imperatore catturato.
E’ la paura della fine di Bisanzio a creare il panico in Occidente e a spingere il papa Urbano II alla chiamata alle armi: gli ortodossi, per quanto fratelli separati, corrono il rischio di essere distrutti e l’Islam, che già ha conquistato la Spagna, incomincia a salire verso i Balcani, chiudendo la cristianità in una tenaglia.
L’accademico di Francia René Grousset ricorda che la sconfitta di Manzikert convinse gli europei che di fronte a una tale incapacità dei bizantini a difendersi da soli, “le nazioni occidentali dovevano intervenire direttamente”. Infatti i Turchi avevano preso Nicea, e di lì avrebbero potuto in breve assalire Costantinopoli: le crociate servirono appunto a ritardare la caduta della mitica città, in mano ai turchi, di oltre tre secoli e mezzo, salvando così l’Europa da una aggressione inevitabile.
“Verso il 1090, scrive Grousset, l’Islam turco, dopo aver cacciato quasi completamente i bizantini dall’Asia Minore, si preparava alla conquista dell’Europa”2. Ed in effetti, dopo la caduta Costantinopoli nel 1453, nulla fermerà più i Turchi, che invaderanno e devasteranno i Balcani, giungendo ben due volte alle porte di Vienna!
L’intervento di Urbano II fu dunque, secondo il celebre storico, un atto che diede origine ad una crociata, la prima, che sarebbe più opportuno considerare una guerra di difesa, di Bisanzio, del santo Sepolcro e di terre che erano state cristiane sino alla conquista islamica, piuttosto che una guerra di offesa, come sarebbero state, invece, le guerre del colonialismo laico ottocentesco.
E’ questa la tesi sostenuta recentissimamente anche da Arrigo Petacco nel suo “L’ultima crociata. Quando gli ottomani arrivarono alle porte dell’Europa” (Mondadori, 2007), in cui appunto viene ribadita l’impossibilità di analizzare questa parte della nostra storia prescindendo da quattro secoli di aggressioni musulmane all’Europa; prescindendo dal fatto che l’assedio islamico da ovest, iniziato con la conquista della Spagna e fermato dai franchi a Poitiers, nel 732, stava per incominciare anche da est, proprio negli anni della prima crociata, e sarebbe ripreso con alterne vicende sino al 1683, quando i cristiani, nell’ “ultima crociata”, si trovarono a dover liberare Vienna dall’assedio turco.
Certamente per le crociate sempre di guerra si trattò, e non si può negare che il moto sfuggì di mano, in molte occasioni, sia per la naturale fragilità e cattiveria degli uomini, sia evidentemente perché in svariate circostanze la volontà di difendere la cristianità si mescolò, nel cuore dei nobili e dei feudatari, con la cupidigia di nuove conquiste.
Ma esse non furono nulla di analogo a ciò che sarebbe accaduto nell’Ottocento e nel Novecento: non furono cioè opera di colonialismo, o di “esportazione della democrazia” (vedi guerre degli Usa in terre islamiche), perchè i cristiani, per lo più, si limitarono “alla liberazione della Terrasanta (abitata da cristiani ed ebrei sottomessi, ndr); a nessuno passò per la mente di togliere ai musulmani l’Africa, l’Arabia o la Persia“.
(Georges Bordonove, Le crociate e il regno di Gerusalemme, Rusconi, Milano, 1998, p. 13; Rodney Stark, nel suo Gli eserciti di Dio, Lindau, Torino, 2010, dimostra anche due cose interessanti:
1) le crociate non nacquero dalla avidità dei nobili europei, molti dei quali, anzi, sostennero “di persona spese enormi, alcuni affrontando coscientemente persino la bancarotta pur di recarsi in Terra Santa”, né furono il primo tentativo di colonialismo europeo, dal momento che i regni cristiani in Oriente furono indipendenti da qualunque stato europeo e, lungi dall’essere sfruttati economicamente, godettero e vissero invece delle ricchezze che provenivano dall’Europa;
2) le crociate non possono essere indicate come “una delle cause dirette dell’attuale conflitto mediorientale”, anche per il fatto che gli islamici, fino alla fine del XIX secolo, non dimostrarono interesse per questi fatti. Anzi, “per molti arabi le crociate non furono che attacchi sferrati contro gli odiati turchi, e pertanto di scarso interesse”).
1 Mario Meschini, “Le crociate di Terrasanta”, Art, Novara, 2006, p. 18; e “Il Jihad & la crociata”, Ares, Milano, 2007.
2 René Grousset, “La storia delle crociate”, Piemme, Casale Monferrato, 1995, p. 16.
Di seguito due pagine dal Grousset (citato), due da Samir K. Samir, Cento domande sull’Islam (Marietti, Genova, 2002) e due da M. Meschini, Le crociate di Terrasanta (quaderno de Il Timone, Milano, 2006):
Infine, 4 pagine da Jean Richard (accademico di Francia), La grande storia delle crociate (Newton, Roma, 1999, vol. I, p. 18-21):