Condottiero militare e stratega albanese, vissuto nel XV secolo, può essere considerato uno dei maggiori difensori dell’Occidente cristiano contro l’avanzata dei Turchi nonché come l’artefice dell’Albania come stato unitario.
Infanzia e giovinezza: rapito dai turchi e convertito all’Islam
Nato intorno al 1405, Giorgio Castriota apparteneva a una famiglia feudale tra le più importanti dell’Albania che a quei tempi doveva fare i conti con l’avanzata ottomana. Fu rapito dai turchi, ad un’età che varia a seconda delle fonti dai 3 ai 9 anni, insieme ai fratelli, secondo la pratica del devshirme (dal turco, “raccolta”) cioè una tassa del sangue per cui i turchi requisivano bambini o giovani delle popolazioni conquistate per inserirli nell’esercito o nell’amministrazione.
Arrivato alla corte del sultano ad Edirne (l’antica Adrianopoli), Giorgio fu convertito all’Islam ed emerse per le sue notevoli capacità tattiche e militari, tanto da guadagnarsi il soprannome di Iskender Bej – che diventerà poi Skenderbeu in albanese, da cui Skanderbeg – cioè principe (o signore) Alessandro, con riferimento ad Alessandro Magno.
Ottenne molti successi militari tra le fila ottomane, ottenendo la stima del sultano Murad II che nel 1443 gli assegnò la guida dell’esercito contro i cristiani guidati da Janos (Giovanni) Hunyadi, reggente d’Ungheria.
Il ritorno alla fede cristiana
In occasione della battaglia di Nis nel 1443, Skanderbeg decise di ritornare alle proprie origini e combattere in difesa della sua terra natale, contro l’avanzata ottomana. Abbandonò il campo con circa 300 cavalieri albanesi a lui fedeli. Si diresse verso Kruje, nel feudo paterno occupato dai turchi, e con uno stratagemma riuscì ad impossessarsi del castello. Come dice il Musacchio, compagno di armi di Skanderbeg, si fece cristiano il mattino seguente e il 28 Novembre 1443 fu incoronato Principe d’Albania nella Cattedrale di Kruje; il suo stemma, un’aquila bicipite nera in campo rosso (l’attuale bandiera dell’Albania), sostituì la mezzaluna ottomana. Barlezio, primo biografo di Giorgio Castriota, ci riporta un discorso che Skanderbeg avrebbe rivolto al popolo, uscendo dalla Cattedrale, in cui dice: “… non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi… mi avete dato questa spada, mi avete creato Signore di questo principato che avete custodito con tanta fede, cura e fatiche. Portatemi ora, con l’aiuto di Dio, a liberare l’Albania!”.
La lega di Alessio e la difesa dall’avanzata ottomana
Nel marzo 1444, nella città di Alessio (oggi Lesha), allora feudo veneziano, Skanderbeg diede origine insieme agli altri nobili albanesi alla Lega dei popoli albanesi o Lega di Alessio, che può considerarsi come l’embrione dell’attuale Albania e venne nominato comandante dell’esercito (10.000 uomini circa) della Lega che affrontò per la prima volta i turchi nella battaglia di Torvioll (29 giugno 1444), infliggendo loro una pesante sconfitta, benché gli albanesi fossero in numero decisamente inferiore.
La tattica militare del Castriota prevedeva, oltre agli scontri in campo aperto, anche le tecniche di guerriglia, per cui i turchi si trovavano improvvisamente accerchiati e colpiti dagli albanesi tra le montagne o lungo le gole e i dirupi, anche durante la notte. Questa strategia portò ad ulteriori vittorie come quella inflitta a Firuz Pascià presso le gole di Prizren, nell’ottobre 1445, e poi l’anno successivo contro Mustafà Pascià: entrambe le vittorie furono conseguite contro contingenti molto più numerosi. Una delle sue ultime vittorie fu quella in cui sconfisse il sultano Maometto II nel 1567.
Addirittura si racconta che una notte fece legare delle torce alle corna di un intero gregge di capre per poi farle correre lungo la montagna: i turchi pensando di essere assaliti di sorpresa da centinaia di albanesi si diedero alla fuga: non è accertata la veridicità dell’episodio, fatto sta che in cima all’elmo di Skanderbeg è raffigurata proprio una capra, secondo alcuni come gesto di omaggio verso l’animale.
In Italia
Nel 1458 si recò in Italia in aiuto di Ferdinando I di Napoli contro il suo rivale Giovanni d’Angiò: come segno di riconoscimento il re gli concesse i feudi di San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo in Puglia.
Tornato in Albania respinse nuove invasioni turche nel 1464 e nel 1465, entrambe organizzate da Maometto II.
Le numerose vittorie riportate contro i turchi indussero i papi ad attribuirgli più volte il titolo di Athleta Christi, conferitogli inizialmente da papa Callisto III e poi riconfermato dai suoi successori. Nel 1965 l’Albania gli conferirà il titolo di Eroe nazionale.
Nonostante i numerosi successi, dopo la sua morte avvenuta nel 1468 per malaria, gli ottomani riuscirono a sconfiggere la resistenza albanese e a conquistarne i territori.
Gli succedette il figlio Giovanni, che data la giovane età non era in grado di governare e si rifugiò a Napoli, alla corte di Ferdinando I: scambiò i suoi feudi con quelli da Galatina e Soleto, nel Salento, dove ancora oggi risiedono i discendenti, in particolare a Lecce e Soleto.
Fonti storiche
Tra le fonti storiche, la prima biografia di Skanderbeg è di Marin Barleti (Marino Barlezio, 1460-1512), un sacerdote cattolico di Scutari, contemporaneo del Castriota. Scritta in latino, si intitola Historia de vita et rebus gestis Scanderbegi, Epirotarum principis. Fu pubblicata a Roma all’inizio del XVI secolo e si basa su testimonianze di alcuni dei condottieri al seguito del Castriota, nonchè su documenti ufficiali dell’archivio di Venezia (dove Barleti si era rifugiato dopo la caduta di Scutari sotto il dominio ottomano).
Skanderbeg tra arte e letteratura
Il musicista Antonio Vivaldi compose un’opera intitolata Skanderbeg, dedicata all’eroe albanese, messa in scena per la prima volta nel 1718 al teatro La Pergola di Firenze. Tra i ritratti più famosi del condottiero albanese ci sono sicuramente quelli di Rembrandt e Gentile Bellini.
In narrativa lo troviamo protagonista di una delle storie narrate da Giambattista Basile ne Lo cunto de li cunti (1634-36) dove viene chiamato Scannarebecco, ma sono molte le opere che gli sono dedicate e lo vedono come protagonista. Nel XX secolo è stato lo scrittore albanese Ismail Kadarè più volte candidato al Premio Nobel, a dedicargli il romanzo, I tamburi della pioggia, del 1970.
Lord Byron gli dedicò i seguenti versi contenuti nell’opera Childe Harold’s Pilgrimage (Il pellegrinaggio del giovane Harold, 1812-1818): “O terra d’Albania, donde quel magno/Iskander nacque, a’ giovinetti esempio/E faro ai saggi [qui si allude ad Alessandro Magno] – O terra che un secondo/Eroe nudristi ch’avea pari il nome [Giorgio Castriota Skanderbeg]/le cui gesta gagliarde empir si spesso/L’inimico d’altissimo sgomento.
In saggistica ricordiamo, tra i tanti autori che lo citano, i pensatori francesi Montagne e Voltaire che nelle loro opere hanno rievocato episodi della vita di Skanderbeg: Voltaire, in particolare, era dell’idea che Costantinopoli non sarebbe caduta (1453) se avesse avuto tra le sue fila lo Skanderbeg.
Anche il cinema si è occupato dell’eroe Albanese: nel 1953 il regista russo Sergej Jutkevič diresse il film Skanderbeg, l’eroe albanese una co-produzione albano-sovietica, premiato al festival di Cannes.
Numerose sono inoltre le statue equestri presenti in molte città albanesi, ma anche a Ginevra, Bruxelles e Roma, in Piazza Albania; a Roma si trova anche palazzo Skanderbeg, situato tra il Quirinale e Fontana di Trevi.
di Nicolò Tarquini
BIBLIOGRAFIA
M. Mandalà (a cura di), Giorgio Castriota Skanderbeg e l’identità nazionale albanese, Palermo, 2009
Shpetim Lezi, Scanderbeg. The Hero of Europe, 2014
Harry Hodgkinson, Scanderbeg, Learning Design, 1999.