Le invettive di Martin Lutero non risparmiarono nessuno. Tutti cadevano sotto la scure delle sue maledizioni: cattolici, ebrei e… contadini.
Nel 1525 i contadini si ribellano ai Signori, ai Duchi, ai Principi…. Lutero,
che si è alleato con i potenti, sino a dichiarare che sono “la voce di Dio in terra” (divenendo così, secondo Tommaso Campanella, il “Machiavelli della fede“), li invita a non mostare alcuna pietà.
Scrive un intero libello, “Contro le bande ladre e assassine dei ontadini“, in cui si legge: “Un sedizioso non è degno che gli si risponda con ragionevolezza, tanto non capirebbe: con il pugno si deve rispondere a quegli zucconi, sì che il sangue gli coli dal naso. Anche i contadini non intendevano dare ascolto e addirittura non lasciavano parlare; allora si dovette stappar loro le orecchie con palle di schioppo, talchè le teste saltarono in aria… La potestà della terra (i principi, lo Stato, ndr) che altro non è se non lo strumento dell’ira del Signore contro i malvagi, vero e proprio predecessore dell’inferno e della morte eterna, non deve essere misericordiosa, ma severa, implacabile, adirata nel suo ufficio e nell’opera sua… Pertanto, come già scrissi più volte, dico di nuovo: verso i contadini testardi, caparbi, e accecati, che non vogliono sentir ragione, nessuno abbia un po’ di compassione, ma percuota, ferisca, sgozzi, uccida come fossero cani arrabbiati...” (Martin Lutero, Scritti politici, Utet, Torino 1978).
Di seguito un estratto dall’opuscolo contro i contadini, ritenuto dagli storici uno dei libelli più violenti della letteratura tedesca, sino al nazismo: