La vita di un giurista diventato francescano in seguito ad un’apparizione di San Francesco. Divenuto instancabile predicatore in Italia ed in Europa, morirà di peste dopo aver partecipato, a Belgrado, alla battaglia contro i Turchi Ottomani.
La formazione e l’attività giuridica
Nato a Capestrano nel 1386, figlio di una donna del luogo e di un barone straniero, probabilmente tedesco o comunque di area germanica, come fa pensare anche il soprannome “Giantudesco” che gli fu messo dai compaesani.
Rimasto prestissimo orfano di padre si reca a studiare Diritto a Perugia intorno al 1405. Si trasferisce a Napoli dove intraprende la carriera di magistrato alla corte e del re Ladislao di Durazzo. Questi ottenuta la città di Perugia, vi invia proprio il Capestrano come magistrato nel 1412.
Ma quelli erano anni di grande instabilità: nel 1414 muore re Ladislao ed è Carlo Malatesta signore di Rimini che prende il potere a Perugia, mentre il Capestrano, che si stava recando a trattare la pace, è imprigionato da alcuni nobili locali nel vicino castello di Brufa.
La vocazione alla vita sacerdotale
Dopo un tentativo di fuga, conclusosi con una caduta e la rottura di una gamba, Giovanni viene relegato ad una detenzione ancora più dura nei sotterranei del castello. È qui che avviene la svolta: una luce misteriosa lo sveglia e vede la figura di un francescano con i piedi forati; quando tenta di abbracciarlo la figura scompare. Era il 22 Luglio 1415. Chiede ai carcerieri una stoffa grezza con cui fa un saio alla maniera francescana: capisce allora che si tratta di San Francesco. Un frate arriva a sincerarsi della sua vocazione e paga il riscatto: Giovanni è libero. Tornato a Capestrano e ormai deciso a prendere i voti religiosi, scioglie il matrimonio non consumato che aveva contratto precedentemente. Fa ritorno a Perugia ed entra nel convento francescano di Monteripido, dove prende l’abito religioso.
Ma l’ordine francescano era attraversato da diverse correnti: alcuni avevano allentato molto la sequela della disciplina del fondatore, mentre altri volevano rimanere fedeli alla Regola soprattutto nel rispetto della povertà, e di una vita austera e santa: questo movimento chiamata Osservanza. A questa corrente si affilia Giovanni e con lui ci sono altri frati che saranno canonizzati: San Giacomo della Marca e San Bernardino da Siena. A quest’ultimo Giovanni fu particolarmente legato, tanto da essere anch’egli un propagatore del culto del SS.mo nome di Gesù, promosso dal santo senese; non solo, ma Giovanni si spenderà molto dopo la morte di Bernardino per promuovere il suo processo di canonizzazione.
Inquisitore, pacificatore, predicatore
Ordinato sacerdote intorno al 1417, papa Martino V lo nomina inquisitore contro i Fraticelli, molto presenti nell’Italia centrale. Nel 1451 il Papa lo invierà come suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti: come scrive lui stesso: “appena giunto presi a lavorare per convincere tutti dell’immoralità dell’eresia boema”. In un anno Giovanni riconduce al cristianesimo 11.000 eretici. Diffamato dai suoi avversari non tace di fronte ai calunniatori.
Ortona e Lanciano erano due città in guerra fra loro per questioni commerciali. Nel 1426 le la popolazioni erano stanche di un conflitto che aveva fatto molti morti: Giovanni inizia a predicare la pace, e dopo molte lettere e incontri i due centri stipulano la pace accettando le condizioni che Giovanni stesso aveva stilato, facendo valere le sue abilità di giurista.
Ovunque si recasse a predicare, in Italia e all’estero erano migliaia le persone che si accalcavano per assistere alle sue prediche e ogni volta, ci informano i frati che lo seguivano avvenivano miracoli e guarigioni prodigiose. Predicherà in Polonia, Germania, Ungheria, Boemia e Austria, sempre in latino, aiutato da un traduttore.
Si stava però addensando la minaccia dell’espansionismo turco e il reggente d’Ungheria Janos (Giovanni) Hunyadi chiede al Capestrano di raccogliere degli uomini per contrastare l’avanzata ottomana: riuscirà a reclutarne diverse migliaia.
La Battaglia di Belgrado
Belgrado 21 Luglio 1456: i turchi ottomani del Sultano Maometto II stanno assediando il castello della città balcanica. All’interno i difensori sono guidati da Hunyadi: per difendere la città gettano legno infuocato coperto di pece e respingere così gli invasori che già da alcuni giorni hanno accerchiato il luogo sia da terra che dalle acque del Danubio. I Turchi devono battere momentaneamente in ritirata, ma è solo una sosta momentanea e non sono certo disposti ad arrendersi.
Ma il giorno successivo un gruppo di crociati esce dalla fortezza in direzione del campo dove sono appostati i Turchi: alcune fonti dicono che si tratta di una mossa ideata dal frate Giovanni da Capestrano, altre che è stata un’azione spontanea di un piccolo gruppo che il francescano abruzzese ha cercato inizialmente di richiamare alla base. Di certo, trovandosi attorniato da alcune migliaia di uomini decide di sfruttare la situazione e di portarli alle spalle del ben più numeroso esercito avversario, attraversando il fiume Sava, incitandoli con le parole di San Paolo: “Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento!” (Fil. 1,6). Questo almeno quello che ci riporta la testimonianza di un suo confratello, fra Giovanni da Tagliacozzo, che era sul luogo.
Hunyadi che segue la scena dal castello ordina ai fanti ungheresi di attaccare. Solo i giannizzeri, la guardia personale del Sultano cercano di reagire, mentre la maggior parte dell’esercito ottomano sta fuggendo. Lo stesso sultano combatte in prima persona e sviene dopo essere stato ferito da una freccia. Sembra che al termine dello scontro i morti nelle fila ottomane saranno 50.000, mentre tra gli assediati tra le 7.000 e le 10.000.
La notizia della vittoria arriverà a Roma solo il 6 Agosto: papa Callisto III deciderà di istituire in questa data la festa della Trasfigurazione, anche come simbolo dell’Europa “trasfigurata” dalla gioia.
Morte e canonizzazione
Pochi giorni dopo però, lo scoppio della peste provocherà la morte di 3.000 uomini e contagerà lo stesso Hunyadi, che morirà l’11 Agosto. Anche Giovanni da Capestrano rimane contagiato, ma la sua agonia sarà molto più lunga: morirà infatti il 23 Ottobre successivo. Nei tre mesi di malattia, accompagnata da dissenteria, sanguinamenti e febbre alta, continua a dettare lettere, esortare i fratelli alla carità, benedire i contadini e chiunque gli facesse visita, continuando sempre a pregare “per la cristianità in pericolo”. Anche dopo la sua morte, la salma, rimasta insepolta per otto giorni è meta di un vero e proprio pellegrinaggio che vede avvicendarsi gente comune e dei potenti dell’epoca.
Canonizzato da papa Alessandro VIII nel 1690, dalla data tradizionale del 28 marzo, il nuovo Calendario della Chiesa ha riportato al 23 ottobre la memoria facoltativa del Santo. Patrono dei giuristi, dal 1984 per volontà di San Giovanni Paolo II è anche patrono dei Cappellani Militari.
di Nicolò Tarquini
BIBLIOGRAFIA
D. Ottavini, San Giovanni da Capestrano. Apostolo e difensore dell’Europa, Pratola Peligna, Arsgrafica Vivarelli, 1984.
G. Polidoro, San Giovanni da Capestrano, Cascine Vica (To), Elledici, 2009